Parigi-Marsiglia in furgone: il viaggio di Julio e Carol

Parigi-Marsiglia in furgone: il viaggio di Julio e Carol

Carichi di provviste, vino, whiskey, sedie a sdraio (gli “orrori fioriti”, così ribattezzati per la chiassosa fodera fantasia), e d’accordo con diversi amici per l’approvvigionamento di cibi freschi anti-scorbuto, unica deroga al consumare esclusivamente gli alimenti della scorta e qualunque prodotto reperibile negli autogrill e ristoranti delle aree di servizio, il 23 maggio 1982 “Lupo” e “Orsetta”, ossia Julio Cortázar e la moglie Carol Dunlop, partono per una bizzarra impresa, percorrere l’intero tragitto autostradale Parigi-Marsiglia in furgone senza mai uscirne, fermandosi in tutte le aree di sosta al ritmo di due al giorno.

E subito lo strano viaggio, narrato a due voci ne Gli autonauti della cosmostrada ovvero Un viaggio atemporale Parigi-Marsiglia (trad. it Einaudi 2012, ed. originale in spagnolo e francese, Los Autonautas de la Cosmopista o Un viaje atemporal Parìs-Marsella e Les autonautes de La cosmoroute. Voyage intemporel Paris-Marseille, 1983), diventa spunto per ironici reportages naturalistici e antropologici sui frequentatori dell’autostrada, quel non-luogo che la gente cerca di percorrere più rapidamente possibile (al contrario dei nostri viaggiatori), sul paesaggio, la flora e la fauna che popolano le aree di sosta, in un puntuale diario delle varie tappe del tragitto, illustrate poi a posteriori dal figlio della Dunlop sulla base dei racconti. Alla descrizione diaristica delle giornate, con puntiglioso elenco dei pasti consumati, delle condizioni metereologiche, dei luoghi in cui scelgono di parcheggiare il furgone, delle attività giornaliere, si intrecciano, secondo lo stile onirico di Cortázar, divagazioni che vanno a creare veri e propri filoni narrativi paralleli. Il principale, quello delle oscure forze contrarie che cercano di boicottare l’impresa, dal dirigente della società autostradale francese che non ha mai risposto alla lettera in cui veniva informato che un veicolo sarebbe entrato in autostrada per poi uscirne più di un mese dopo, agli operai addetti alla manutenzione delle aree di sosta, giocosamente mutati in agenti segreti incaricati di spiare la coppia col furgone, fino ai cestini della spazzatura, detti “cavalieri teutonici”, dove forse si nascondono oscure minacce per gli autonauti. Il più gustoso, l’epistolario di una signora che scrive al figlio, emigrato in Canada, aggiornandolo sulle vicende di famiglia, il pedante marito ma soprattutto la strana coppia accampata a fianco di un furgone avvistata in tre occasioni diverse in tre diverse aree di sosta lungo la Parigi-Marsiglia, incomprensibilmente a proprio agio in un luogo che tutti non vedono l’ora di abbandonare e che la saluta cortesemente. E si susseguono aree di sosta terribili ad altre accoglienti, frastuono del traffico e silenzio dei boschi, suono della musica e notiziari radio (infuoca la guerra delle Falkland).

Elogio della lentezza, dell’atemporalità (solo i bambini e i cani apprezzano come loro la sosta in autostrada, gli altri adulti quasi non scendono dall’automobile, mangiano frettolosamente, smaniano per riprendere il viaggio), del viaggio al contrario, dell’osservazione e dell’invenzione. Il tratto di autostrada Parigi-Marsiglia in furgone da mezzo per giungere a una meta diventa meta stessa, alla cui fine il viaggio non inizia ma termina.

E il termine del viaggio per Julio Cortázar “Lupo” e Carol Dunlop “Orsetta” ha un significato ben più profondo ed esistenziale. “Oh, Julio, quant’è durato poco il viaggio…”, si lascia sfuggire l’Orsetta all’arrivo a Marsiglia (23 giugno 1982). Perché entrambi sanno di essere gravemente malati (Carol Dunlop morirà pochi mesi dopo, il 2 novembre), e l’“impresa” sulla Parigi-Marsiglia rappresenta un estremo, struggente tentativo di esorcizzare della morte attraverso l’ironia, la creatività, l’amore. E forse la vera impresa di Julio e Carol nel loro ultimo viaggio è stata quella di restituire una dimensione umana, un ritmo affettivo e quotidiano a un luogo – l’autostrada – in cui non c’è contatto, non c’è dialogo, non c’è tempo. Come restituire un cuore umano a un uomo di latta. Un’impresa da maghi.

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